L’inverno è nell’aria e ammalarsi di un virus che attacca le vie respiratorie è più facile e questo vale anche per il coronavirus. Trascorriamo in questo periodo di lockdown il 90% del nostro tempo al chiuso, con sistemi di climatizzazione e riscaldamento che ci fanno spesso respirare aria secca, ma un ambiente troppo secco o troppo umido crea le condizioni ideali per la proliferazione di virus e batteri. L’umidità infatti influenza il meccanismo di difesa del nostro apparato respiratorio chiamato clearance mucociliare. Di seguito vediamo insieme come funziona: le cellule “cigliate” che si trovano nella trachea e che sono deputate a spostare verso l’esterno il muco, che ingloba polveri e minuscoli corpi estranei, compresi virus e batteri, penetrati nelle vie aeree. Il freddo paralizza il movimento di queste “ciglia” e di conseguenza il muco ristagna con tutta la sua carica virale o batterica. L’effetto negativo del freddo sulla clearance mucociliare è amplificato dallo sbalzo termico che si verifica nel passaggio dall’ambiente interno molto caldo e quello esterno più freddo.
Non è però solo il freddo a bloccare il movimento che ci protegge: anche l’umidità ha un impatto perché quando scende troppo (o sale troppo) blocca l’azione delle le cellule “cigliate”, come ricordato in una revisione di studi pubblicata a settembre su Annual Review of Virology. Nello studio, condotto a Yale. Quello che incide sulla percezione di un’aria respirata secca o umida è l’umidità relativa (il rapporto tra la densità del vapore contenuto nel volume di aria e la densità massima che questo volume può contenere). Possiamo avere lo stesso valore di umidità assoluta, ma a zero gradi l’ambiente può avere il 100% di umidità relativa (nebbia), oppure, a una temperatura di 30 gradi, centigradi la stessa umidità assoluta ci fa arrivare a un 15% di umidità relativa che per noi rappresenta un caldo secco e asciutto di solito piacevole. Ma come reagisce il nostro corpo quando l’aria invece è troppo secca?
- Sensazione di disidratazione e sete continua;
- sanguinamenti dal naso a causa della secchezza delle mucose;
- problemi nella respirazione;
- sensazione di naso e gola secchi appena svegli;
- pelle e la labbra disidratati e screpolati;
- prurito;
Come possiamo aiutare le vie aeree a reagire meglio? Proteggendo il naso all’aperto (con sciarpa, ma anche in questo periodo, mascherina) e utilizzando umidificatori di aria in casa, senza tenere i riscaldamenti altissimi. «Tali interventi con umidificatori sono stati realizzati a partire dagli anni ‘60 con risultati promettenti», specifica lo studio di Yale. «Più recentemente – aggiunge – , uno studio nel Minnesota ha rilevato che l’umidificazione delle aule prescolari da gennaio a marzo fino a circa il 45% di umidità relativa si traduce in una significativa riduzione del numero totale di virus influenzali e di copie del genoma virale trovati nell’aria e sugli oggetti». Sciarpa e mascherina servono quindi a garantirci un buon funzionamento dell’apparato mucociliare tenendo al caldo le vie aeree, mentre gli umidificatori di ambienti servono a non seccare troppo l’aria interna. Infine, aprire le finestre e ventilare gli ambienti, oltre che a favorire il ricambio dell’aria, ci aiuterà a ristabilire le condizioni ottimali di umidità negli ambienti di casa e ufficio.
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